Inno al femminismo contemporaneo: “I am King!”

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Inno al femminismo contemporaneo.

Non credevo di essere una femminista e non mi aspettavo di scrivere di un “inno al femminismo contemporaneo“. Eppure eccomi qua!

In effetti, della serie “non si smette mai di conoscere sé stessi”, ho scoperto che c’è ancora un’anima idealista in me, sotto strati di cinismo. È confortante sapere che la mia parte più pura e fiduciosa non sia stata completamente annichilita dagli anni e dagli eventi.

Siccome ho capito di poter (e voler) credere ancora in qualcosa, mi sono detta che vale la pena spendermi per la causa femminista. Mi rendo conto che il tema sarebbe fin troppo ampio da trattare nell’ambito di un articolo e il rischio di banalizzare, di ridurre il discorso a vuota retorica, è alto.

Ecco perché ho deciso di trattare il tema da una prospettiva più concreta e circoscritta: vi parlo delle esperienze di vita raccontate dalla cantante Florence Welch nella canzone King, tratta dall’ultimo album Dance fever del 2022.

I am no mother, I am no bride, I am King!

Questa canzone mi ha conquistata sin dal primo ascolto. Forse perché mi sono immedesimata nella condizione di Florence, una donna non coniugata e senza figli, che cerca di farsi strada unicamente con le proprie forze ed il proprio talento. Ad avercelo un talento come il suo!

In un’epoca in cui ci si batte per il linguaggio inclusivo (senza voler negare la meritevolezza, nei limiti del ragionevole, delle lotte per l’evoluzione del linguaggio), potrà sembrare strano che una canzone dedicata alla condizione femminile adotti il titolo “King“. Questo termine non è un qualsiasi nome declinato al maschile, ma piuttosto l’emblema del patriarcato e del potere maschile.

Proprio per questo motivo, credo che la canzone colpisca nel segno: dove è scritto “king” bisogna leggere potere. Il messaggio della canzone credo che riguardi proprio il women empowerment, l’emancipazione femminile.

Lo scopo è promuovere il diritto di ciascuna donna all’autodeterminazione, a prendere il controllo della propria vita, oltre ogni limite legale, sociale, culturale.

Nessuna donna deve essere condannata a vivere uno stereotipo, né quello dell’ “angelo del focolare”, né quello della “donna in carriera”, né tanto meno quello della “mascolinizzazione della donna“.

Ciascuno sia ciò che vuole essere: donna, moglie, madre, professionista, artista, leader politico, ecc.

Inno al femminismo contemporaneo: donne e carriera, donne e arte.

Secondo le parole della stessa autrice, la canzone è nata dalla presa di consapevolezza di essere una donna nei suoi trenta, che ha dedicato tutta sé stessa alla propria arte.

Per qualche tempo può sembrare naturale mettere da parte l’istinto materno e il desiderio di creare una famiglia. Ciò non toglie che si debba fare i conti, prima o poi, con le conseguenze delle rinunce fatte, pur di crearsi una carriera ed una stabilità economica. In verità, la canzone parla nello specifico dell’arte, ma credo si possa estendere il discorso ad ogni altro ramo professionale.

Il punto è che una donna, ad un certo punto della sua vita, deve porsi il problema di conciliare il suo desiderio di maternità con la sua vita professionale e lavorativa, a differenza degli uomini.

Non bisogna generalizzare, ma è innegabile che, ancora oggi, la procreazione e la cura della prole siano in gran parte “affare femminile”. C’è ancora una certa asimmetria tra i diritti e le responsabilità dei genitori, nonostante si stia lavorando per eliminarla. Anche da un punto di vista culturale, è più difficile immaginare un padre che metta da parte la carriera per dedicarsi ai figli. Al contrario, è quasi scontato che lo faccia la donna.

Non voglio addentrarmi nei profili socio-economici della questione, parliamo piuttosto delle aspettative che ciascuna donna nutre verso sé stessa e la propria vita. Tutti vorremmo non dover rinunciare a nessuna delle esperienze che la vita ci offre. A volte, il riscontro con la realtà ci spezza le ali. E non c’è cosa più scoraggiante che non essere state capaci di soddisfare le proprie aspettative. A quel punto, può emergere il senso di inadeguatezza, l’idea di aver fallito e di non essere abbastanza.

Care amiche, liberatevi da queste pretese eccessive: va bene sentirsi “king“, ma siamo pur sempre donne, non supereroine!

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Pubblicato da chiaraincyberspace

Ho venticinque anni e vengo da un piccolo paese dell'Irpinia. Dopo la laurea in giurisprudenza ho avviato il mio blog, in attesa di capire cosa ne sarà del mio futuro.