Una sete implacabile di diritti: dall’aborto al fine vita

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Una sete implacabile di diritti

Cari lettori, da neo-laureata in giurisprudenza non posso non parlarvi di diritti. Ai giorni nostri c’ è (ancora) una sete implacabile di diritti. Avrete letto della decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti in materia di aborto. Così come abbiamo letto di Mario e della sua scelta di ricorrere al suicidio assistito, dopo un iter giudiziario molto lungo e complesso. Ma ci sarebbero ancora molte questioni aperte che richiedono l’attenzione di politici e giuristi. Questo accade perché la società si evolve e, con essa, i bisogni di Diritto e di diritti.

Questo sia un monito per tutti a non dar per scontate le acquisizioni, così duramente conseguite nel corso degli anni. Le Costituzioni ed i valori, di cui andiamo (giustamente) orgogliosi, non sono inattaccabili come ci piace credere. E, in ogni caso, non servono a molto se rimangono sulla carta.

Diritto e Morale, l’eterno conflitto

Mi rendo conto che alcune questioni siano particolarmente difficili da regolare. Il che dipende dal fatto che questi temi (aborto, fine vita, ecc.) si trovano nella zona di conflitto tra Diritto e Morale. Non sempre è possibile raccordarli in maniera equilibrata e può capitare che alcune norme confliggano con la morale individuale e/o sociale. Se avessimo la saggezza di Socrate saremmo portati a rispettare le leggi, indipendentemente dal fatto che siano giuste o ingiuste dal nostro punto di vista. Ma, d’altro canto, è umano e in certo senso legittimo contestare leggi ingiuste: ce lo insegna Antigone.

L’unica scelta che non può essere compresa e condivisa è l’inerzia, lo stallo. Lasciare inascoltati i bisogni di diritto, lasciarli nel regno dell’anarchia. Della serie “almeno fatele le leggi, così che abbiamo qualcosa da contestare”.

Una sete implacabile di diritti, a che punto siamo?

C’è chi afferma che sia finita l’età dei diritti, altri che prevedono che si andrà verso la vittoria di una sola legge naturale, quella del mercato. Io sono con Stefano Rodotà quando afferma che la nostra epoca non possa fare a meno dei diritti, anzi che ne abbia sempre più bisogno. Ho letto di recente “Il diritto di avere diritti”, un libro che molti amano e altrettanti criticano. In ogni caso, ne consiglio la lettura a tutti.

Rodotà denuncia il fatto che talvolta i diritti siano visti come “specchietto per le allodole”, per mascherare una situazione di sostanziale iniquità. C’è la parità tra uomo e donna, ma poi nei fatti cosa accade? In Italia c’è il diritto all’aborto, ma quanti sono i medici che lo praticano?

Tuttavia la situazione sarebbe ancor peggiore se il Diritto non esistesse, perché è a partire dal Diritto che l’iniquità emerge. Secondo Rodotà, i diritti sono

lo specchio e la misura dell’ingiustizia, e uno strumento per combatterla.

I diritti ridistribuiscono i poteri, nel senso di attribuirli a chi ne era sprovvisto. In maniera complementare, istituiscono nuove situazioni di soggezione, cioè di rispetto dell’altrui potere. In un mondo senza diritti, chi subisce un’ingiustizia non avrebbe strumenti per difendersi e chi l’ingiustizia la commette non avrebbe nessun obbligo di astenersi. Semplicemente, senza Diritto non c’è neanche ingiustizia di cui lamentarsi.

Bisogna, ancora oggi, aver fiducia e scommettere sui diritti? Ci appare difficile, quando si vedono tutti i giorni ingiustizie, soprusi, discriminazioni, violenze. I diritti ci sembrano inutili. Eppure, non saranno perfetti, ma sono gli unici strumenti che abbiamo.

In attesa di sviluppi, vi invito a leggere l’articolo sulla democrazia. Buona lettura!

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Pubblicato da chiaraincyberspace

Ho venticinque anni e vengo da un piccolo paese dell'Irpinia. Dopo la laurea in giurisprudenza ho avviato il mio blog, in attesa di capire cosa ne sarà del mio futuro.